PICCOLA CRONACA DA N’GIAMENA – CIAD

Domenica 2 ottobre 2016.

Sono le 11 passate e la gente non sembra avere nessun’intenzione di tornare a casa. Voci rumorose di giovani e adulti, voci squillanti di bambini… Il grande cortile della parrocchia santa Bakhita di N’giamena è invasa da questa mattina presto.

È la mia prima domenica a N’gjamena, capitale del Ciad. Ho voluto assistere – anche per curiosità – all’unica eucaristia domenicale della parrocchia che comincia alle otto. Ma già un’ora prima il cortile si popola: il coro fa le prove, i lettori danno un’ultima occhiata alle letture, i chierichetti prendono gli ultimi accordi per il servizio, il tecnico installa l’amplificazione, la sacrestana corre in tutte le direzioni, … Verso le otto la confusione sembra regnare e ci si chiede come andrà a finire… Ma appena il celebrante è pronto, ecco che davanti alla sacristia si schierano una buona decina di ministranti adolescenti e giovani; gli uni vestiti con una lunga tonaca coloro rosso cardinale, gli altri in bianco con cordone verde; poi ci sono i lettori con la loro divisa speciale; i ministri straordinari dell’Eucaristia sono lì anche loro in saio francescano verde chiaro. Ci si avvia solennemente in processione verso l’area di culto, uno spazio aperto, recintato da un muretto e coperto da un tetto di lamiere sostenute da pali di ferro. La gente si accomoda su banchi di cemento disposti a semicerchio. Lo spazio è immenso e la domanda che un nuovo arrivato come me si fa è di sapere se tutto quello spazio non sia uno spreco…

Ma arrivati all’interno, dopo che la campanella ha dato il segnale di avvio della celebrazione e che il coro ha lanciato il canto d’ingresso, ci si accorge che lo spazio è occupato già per più della metà: i ritardatari – sempre numerosi – arriveranno per riempire a circa due terzi dei banchi gli spazi rimasti ancora liberi. Alla fine, mi rendo conto che in quell’area di culto ci devono essere circa sei o settecento persone, in maggioranza giovani. Un po’ più tardi mi renderò conto che in un altro edificio – una specie di cappella per i giorni feriali – ci sono ancora circa duecento bambini che fanno ‘la messa dei bambini’, una celebrazione della parola adattata alla loro età e animata dai giovani. Nel cortile della parrocchia poi c’è ancora almeno un centinaio di persone – in maggioranza bambini e adolescenti – che non sopportano forse le lunghe celebrazioni di qui.

La corale dei giovani anima alcuni canti in francese con l’aiuto di una orchestrina; non c’è male. Altri canti sono animati dalla corale in lingua Ngambay, il gruppo etnico più rappresentato sul territorio di questa parrocchia della periferia est della Capitale. È gente che viene dal Sud ed è praticamente il gruppo che è stato evangelizzato per primo dai Francescani in provenienza dal Centrafrica. Hanno delle tradizioni già radicate; probabilmente sono la popolazione tra cui i cristiani sono più numerosi in Ciad.

Il loro coro, che canta sempre rigorosamente in lingua, è accompagnato da tre ‘xilofoni’ tradizionali portabili, composti ognuno da una decina di lamelle di legno rosso durissimo di diverse lunghezze per dare suoni diversi; sotto le lamelle sono installate delle ‘casse di risonanza’ costituite da sorte di zucche svuotate (calebasse) che amplificano i suoni. Immancabili naturalmente i tamburi.

La celebrazione è in francese, eccetto il Vangelo che è letto anche in Ngambay. Il giovane prete ciadiano appena ordinato ci sciorina un’omelia impeccabile, un po’ teorica, ma con buoni contenuti. Il traduttore dell’omelia si dibatte per ritradurre punto per punto in lingua Ngambay quello che il giovane sacerdote ha appena detto in francese; ma alla fine stanca tutta l’assemblea ed è costretto a ritirarsi in buon ordine.

Comincia allora l’appello di tutti i catechisti e dei loro responsabili; oggi è l’inizio ufficiale dell’anno catechistico e il prete farà una benedizione sulla buona settantina di persone che hanno risposto all’appello e si sono posizionate davanti all’altare. Ci sono i catechisti dei diversi ‘percorsi’ dell’iniziazione cristiana frequentata essenzialmente da giovani e bambini. Su su fino alla preparazione alla Confermazione, passando per il ‘cammino spirituale’, preparazione immediata al battesimo. Un cammino di quattro o cinque anni.

Appena finita la benedizione e l’invio, fatta la preghiera universale, una schiera di una ventina di bambine con un un’altra divisa speciale si posiziona nei posti prestabiliti, ognuna con una cassetta in mano: è il momento della raccolta delle offerte. Moltissima gente si alza e passa a mettere qualcosa nelle cassette. Nonostante la dura situazione che la gente vive, il costo della vita, la mancanza di lavoro, le misure di lotta contro la crisi economica che scuote il paese dopo la drastica caduta del prezzo del barile di petrolio, – secondo il resoconto delle offerte della domenica precedente – pare che i fedeli partecipino per circa 300 euro alla domenica. Alla fine della messa ci sarà pure un’associazione composta essenzialmente di donne che farà una lunga processione all’altare portando doni in natura per i loro sacerdoti: sapone da biancheria, scope e scopini tradizionali, materiale per le pulizie della casa, bottiglie di acqua minerale, quaderni e penne…

Vengono danzando e cantando al suono degli ‘xilofoni’ tradizionali e dei tamburi: la gioia regna in mezzo a questa gente semplice, dalla vita ben dura! Naturalmente anche questa associazione ha la sua divisa verde scuro con una grande scritta per essere ben identificata. Anche le bambine delle offerte avranno concluso il loro servizio con una danza fatta a piedi nudi (il suolo è ricoperto di sabbia, sembra di essere in spiaggia…), mentre le donne esprimono gioia lanciano i loro yu-yu acuti e prolungati.

Il momento della comunione arriva. Tutto si svolge con una naturalezza impressionante: le abitudini sono ormai acquisite e ognuno conosce il proprio ruolo e il proprio posto nell’assemblea. I ministri straordinari si avvicinano all’altare con la loro divisa verde chiaro, comunicano e si dirigono ai posti prestabiliti. Vista la dimensione dell’assemblea, questo momento dura almeno dieci minuti. Siamo in sette a distribuire il Pane eucaristico. I canti accompagnano naturalmente anche questo momento. Il silenzio è visto con sospetto qui. Mi rendo meglio conto della media età dei presenti: pochissimi vecchi o anziani. È naturale: sono i giovani che lasciano i villaggi senza prospettive per andare in città in cerca di titoli di studio, di formazioni diverse, magari anche di un impiego.

Dopo la processione con i doni in natura, si passa agli avvisi della parrocchia. Tante iniziative, tanti gruppi, tanti incontri, … Ci vuole un buon quarto d’ora per dire tutto. Infine, mi arriva l’invito a presentarmi… Cerco di essere telegrafico. Benedizione e grande processione di uscita, croce in testa. Due minuti per deporre i paramenti alla sacristia, e il vasto cortile della parrocchia è letteralmente invaso da gruppi e gruppuscoli, le comunità di base, i movimenti, i gruppi di catechesi, bambini che sfrecciano da tulle le parti. Donne e ragazze rigorosamente con la testa coperta da un foulard, la maggior parte con un tessuto coloratissimo lungo fino ai piedi; qualche rara ragazza supermoderna coi pantaloni (lunghi, naturalmente!). Qui sono tutte filiformi e slanciate, sembrano regine.

I gruppi si riuniscono normalmente dopo la messa domenicale per organizzarsi, comunicare, far passare gli avvisi. Non c’è fretta; la mattinata della domenica è consacrata alla vita della comunità e delle associazioni. La pompa d’acqua appena all’uscita di casa nostra non ha smesso di fornire acqua ai parrocchiani assetati e ai vicini di quartiere che vi si servono ogni giorno. Il caldo soffocante di questo ultimo scorcio di stagione delle piogge richiede una idratazione costante. Anch’io me ne vado a casa a cercare una bottiglia d’acqua fresca! La gente mi saluta cordiale e mi dà il benvenuto. Sarà verso mezzogiorno che la folla si sarà dispersa. Dopo la celebrazione, la vita continua; si va nel quartiere, alle attività rispettive per fare in modo che il granellino della Parola seminato produca frutto in questo terreno ciadiano così aspro, ma anche così assetato di una Parola Buona che rinfreschi i cuori.

COLETTO p. Armando

Missionario Saveriano

 

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